In questa pagina puoi trovare qualche esempio degli articoli che giornalmente pubblico sui social sull’allenamento “Training News”, il corpo umano in relazione all’attività fisica “Body News” e l’alimentazione “Nutrition News”.

Gli elementi fondanti dell’Allenamento Muscolare sono Continuità e Progressione del carico.


Gli adattamenti ottenuti attraverso l’allenamento perdurano, se viene garantita una continuità del carico di lavoro, in assenza della quale, questi verranno meno nel tempo.


Mantenere un grande volume muscolare rappresenta un costo per l’organismo.


Solo la continuità di allenamento rinnova la richiesta di mantenere la massa contrattile, per fronteggiare le necessità di contrastare carichi esterni.


Grazie alla sua capacità di adattamento, il corpo rende il gesto allenante sempre più “economico”, ovvero impara a compierlo con meno impiego di energia minore necessità di muscolazione.


Essendo, come detto sopra, la costruzione di nuova massa contrattile, di scarsa priorità rispetto alle necessità generali del corpo, l’allenamento deve rappresentare nel tempo un costante fattore di stress, che faccia diventare la costruzione muscolare un’urgenza per l’organismo.


Bisogna superare, con lo stimolo che induciamo attraverso l’allenamento, la fisiologica facoltà dell’organismo di adattarvisi.


Questo si ottiene con la progressione del carico, ovvero con la richiesta di fronteggiare resistenze sempre sfidanti.


Questo non significa necessariamente aumentare i dischi sul bilanciere. Pur essendo l’intensità di carico una variabile importante nell’allenamento muscolare, non è la sola leva che possiamo azionare al fine di progredire con lo stimolo allenante.


Possiamo infatti aggiungere una serie a parità di carico (aumentare le ripetizioni ci farebbe lavorare sulla resistenza), agire sulla densità di allenamento, riducendo i tempi di recupero tra le serie, accentuando la componente metabolica, inserire tecniche di intensità e metodiche di allenamento che decuplichino lo stress indotto.


Bisogna quindi essere costanti e spremerci ogni settimana un po’ più della precedente, perché se i muscoli non li utilizziamo al massimo, vuol dire che ne servono meno e l’organismo sarà ben felice di liberarsi delle eccedenze.


Per tutti, ma in particolare per i soggetti over35, un obiettivo centrale dell'allenamento è - o dovrebbe essere - la salvaguardia del patrimonio muscolare, che si ottiene principalmente mediante l'allenamento contro resistenza.

Ma siamo sicuri che essere capaci di sollevare un'incudine con un sol braccio, ma avere il fiatone dopo una sola rampa di scale sia un esempio di buona condizione di fitness?

Il CARDIOTRAINING eseguito con costanza e regolarità induce straordinari adattamenti cardio-respiratori immediatamente spendibili nelle azioni della vita quotidiana.

Vediamo insieme i principali guadagni indotti dall'allenamento cardiovascolare e integramolo nelle nostre routine, magari puntando su attività da svolgere all'aria aperta.

- Aumento delle fibre di tipo I, quindi resistenza

- Aumento del numero e della dimensione dei Mitocondri (la centrale energetica della cellula)

- Migliore efficienza nella mobilizzazione e utilizzo dei grassi (con la giusta intensità favorisce il dimagrimento)

- Migliore efficienza nell'utilizzo dei carboidrati

- Incremento della capillarizzazione muscolare (la "periferia" del nostro corpo, per far fronte alla richiesta indotta dall'allenamento, si dota di un sistema di capillari più numeroso)

- Migliore capacità di captare, trasportare e utilizzare l'ossigeno

- Diminuzione della Frequenza Cardiaca a Riposo

- Aumento della Gittata Cardiaca

(meno battiti e più efficienti!)

- Riduzione della Pressione Arteriosa

- Migliore Capacità Ventilatoria.


Per finire, ricordiamo che rimane una buona regola quella di svolgere l'allenamento cardiovascolare, specie se ad alta intensità, lontano dalle sessioni di lavoro di potenziamento muscolare.

E' possibile svolgere allenamento concorrente delle due specialità, tuttavia, per evitare che le rispettive richieste di adattamento all'organismo si pongano in contrasto, o più semplicemente che la stanchezza successiva all'allenamento cardiovascolare renda troppo blando quello muscolare e viceversa, meglio evitarne l'associazione nella medesima seduta.

Cerchi un'arma segreta per allenarti al massimo?

Ti sembrerà incredibile ma già ce l'hai, è economica e disponibile, priva di controindicazioni ed efficacissima, è l'ACQUA!

Un buon protoccolo per mantenere la corretta idratazione e la migliore performance sportiva si ricava dalle linee guida dell'American College of Sport Medicine.

Nelle due ore che precedono l'attività sportiva è consigliato assumere da 400 ai 600 ml di acqua (in base al peso corporeo). E' bene attenersi a questi valori, senza tuttavia eccedere, soprattutto bevendo molto in in lasso di tempo troppo ristretto, per evitare squilibri elettrolitici o per indurre la necessità impellente di svuotare la vescica, che mal si combina con la performance sportiva.

Nei minuti che precedono la gara (o l'allenamento intenso) si può preseguire con 200/300 ml di acqua.

Durante l'attività, pur sapendo come il livello della sudorazione sia influenzato da fattori individuali e ambientali, è corretto suggerire un'idratazione pari a 150/300 ml ogni 15/20 minuti di lavoro per attività la cui durata rimanga intorno ai 60 minuti.

Qualora dovessimo affrontare un'attività sportiva intensa che superi i 90 minuti sarebbe utile valutare il consumo di una bevanda addizionata di carboidrati a veloce assorbimento in una percentuale del 7/8% (60/80 gr per Litro) e Cloruro di Sodio (circa 500 mg per litro).

Come norma generale e nella vita di ogni giorno, quella al di fuori dell'allenamento, è bene ricordare che lo stimolo della sete si allena, quindi non avere sete non significa necessariamente che non si abbia bisogno di bere, specie se siamo abituati a bere poco. Inziamo a bere con regolarità, osservando il colore della nostra urina, che deve mantenere un colore chiaro.

L'acqua fresca - ovviamente non ghiacciata - è assorbita più rapidamente di quella calda.

Se beviamo troppo e in breve tempo, gran parte dei liquidi andranno direttamente nella vescica non idratando i tessuti.

Rivolgersi ad un dietologo o ad un nutrizionista per organizzare la nostra dieta quotidiana ci aiuta a tenere delle buone abitudini alimentari anche per quanto riguarda l'idratazione nella vita e nello sporto, non sottovalutando un'alimentazione ricca di frutta e verdura che può contribuire al nostro bilancio idrico e a consumare una corretta quota di carboidrati, che aiuterà a mantenere intatte le riserve di glicogeno, a sua volta capace di mantenerci idratati.

La scelta degli esercizi per una corretta periodizzazione dell’allenamento deve tenerenconto della postura, delle leve articolari e dell’esperienza dell’allievo.


Gli Esercizi possono essere:


1. BASE o MULTIARTICOLARI

Questi interessano un’intera "Area Funzionale", coinvolgendo più articolazioni. Ne sono un esempio lo Squat, gli Stacchi da Terra o la Panca Piana.


2. COMPLEMENTARI o MONOARTICOLARI

Sono detti anche “di Isolamento” perchè stimolano la muscolatura di una sola articolazione e sono volti all’isolamento muscolare, indirizzando lo sforzo il più possibile verso il muscolo obiettivo dell’esercizio. Si cerca pertanto di disattivare gli altri muscoli che potrebbero entrare in gioco nell'esercizio, “rubando lavoro” al distretto target. L'esempio classico e il Curl per i Bicipiti o le estensioni per i tricipiti.


Gli esercizi multiarticolari, stimolando più muscoli contemporaneamente, impiegano più energia, stimolano lo sviluppo del Sistema Nervoso, inducendo stress anche agli altri appararati, tra cui in particolare quello endocrino.

Sono anche la via maestra per l'incremento della forza.


Come linea generale possiamo dire che un “buon allenamento” dovrebbe essere composto da un buon 70% di esercizi Multiarticolari e il resto da Complementari.

Possiamo dividere il nostro corpo in 3 parti:


- Arti Inferiori: preposti all'equilibrio e alla locomozione;


- Il "Core", centro del corpo che vedremo nel dettaglio di seguito;


- Arti Superiori: hanno funzione di “trasduzione”, ovvero trasferiscono la forza (energia) verso l’esterno o verso di noi; la massima espressione di questo trasferimento di forza è quando gli Arti Superiori lavorano in sinergia/collaborazione con gli Arti Inferiori.


Il “Core” è l’oggetto di questo post, oltre che la parola più abusata e il termine con maggior numero di definizioni tra le più disparate che si possa trovare nelle palestre o comunque presso chi si allena.


In realtà si tratta della zona centrale del corpo e comprende più muscoli, tutti fondamentali per la nostra azione motoria e per la sopravvivenza, che possiamo considerare compresa tra il diaframma e il pavimento pelvico.


Per Core più precisamente intendiamo i muscoli dell’addome (Retto dell’addome, Obliqui e Trasverso), il Quadrato dei Lombi, i Paraspinali, i Flessori dell’Anca, i Glutei e appunto il Diaframma in alto e il Pavimento Pelvico in basso.


Si tratta di una specie di “corsetto” naturale che protegge gli organi interni là dove si interrompe la gabbia toracica.


Le funzioni primarie sono:


- La NEUTRALIZZAZIONE: i muscoli del core neutralizzano i movimenti indesiderati e i movimenti accessori con un’azione contraria;


- STABILIZZAZIONE: da esso dipende la stabilità statica e dinamica del corpo, rappresentano inoltre la centrale di collegamento e coordinamento tra l’azione di equilibrio e locomozione degli Arti Inferiori e la Trasduzione di energia operata dagli Arti Superiori;


- COMPRESSIONE: mantiene i visceri nella cavità addominale e ha funzione respiratoria.


Alla luce di questa breve presentazione, comprendiamo immediatamente come per l’allenamento del core (anche della sola porzione addominale), siano da mettere, almeno parzialmente, da parte gli esercizi che fanno parte del nostro immaginario "classico" (tipo: “fai cento addominali!”) come il Sit-Up, il crunch, il crunch inverso da sdraiati.


Questi esercizi nelle esecuzioni più comuni e nel migliore dei casi generano un lavoro a carico del ileo-psoas (muscolo già fortissimo con una certa tendenza per la media della popolazione ad essere retratto) e alla peggio a farci venire un po’ di cervicalgia, insieme a qualche escoriazione sul coccige.


Sarebbe da preferire un allenamento che porti questi gruppi muscolari a lavorare e a potenziarsi con esercizi che abbiano un transfert diretto sulle loro naturali funzioni, che abbiamo velocemente visto sopra.


Prendiamo allora in prestito gli esercizi dal repertorio dell’Allenamento Funzionale, lavorando in Mobilità Controllata, Stabilità Dinamica e Sincronizzazione, sviluppando stabilità, mobilità, controllo e forza.


Si parte con Plank, Side Plank, Bridge, eseguiti con postura impeccabile e massima tenuta.


Evitiamo però di cimentarci in inutili guinness dei primati di plank; fare cinque minuti di plank in posizione comoda ed economica non serve a nulla, quando abbiamo 30’’ massimo 60’’ di plank impeccabile e statuario, aumentiamo la difficoltà creando progressive instabilità, su tre appoggi, poi due, poi in dinamica, poi combinando in maniera coordinata tutti gli elementi.


Proviamo anche esercizi di stabilizzazione con i Kettlebell (che hanno una presa disassata e sono gli strumenti migliori per queste finalità), con le palle mediche o la fitball.

Abbiamo poi sand bag, Trx, Anelli, fino alla quasi introvabile core board regorabile che mette in disequilibrio tutto il corpo, costringendoci ad intense azioni di neutralizzazione e stabilizzazione.

Lavoreremo così migliorando l'efficienza muscolare in modo funzionale e divertente.


Let’s PLANK!

L’IPERTROFIA, OVVERO: VOGLIO DIVENTARE GROSSO!


La richiesta più frequente di chi si avvicina all’allenamento con i pesi è di diventare muscoloso.


Questo non significa però aumento del numero delle fibre muscolari (iperplasia), ma aumento delle dimensioni di quelle presenti (ipertrofia).


A oggi non ci sono infatti evidenze scientifiche a supporto della possibilità di ottienere l’iperplasia delle fibre muscolari attraverso l’allenamento, c’è un’ipotesi non dimostrata secondo la quale le cellule muscolari satellite quiescenti possano essere riattivate attraverso un allenamento intenso focalizzato sulla fase negativa.


L’obiettivo sarà quindi l’IPERTROFIA MUSCOLARE, ovvero una modifica dell’aspetto e della forma (modifica morfologica) del muscolo scheletrico e non della prestazione.


Trattandosi di un parametro estetico, l’ipertrofia muscolare risente molto dei fattori predisponenti individuali, insomma la genetica ha un ruolo e su quella dobbiamo lavorare per farle esprimere tutte le sue potenzialità.


Le Fibre Muscolari possono essere:


- Rosse di Tipo I (ST):

fibre lente preposte alla resistenza, caratterizzate da una scarsa affaticabilità, sono fondamentali per la sopravvivenza, l’uomo è “progettato” per inseguire la preda e sopraffarla grazie alla capacità di resistenza alla lunga corsa e mantiene la stazione eretta grazie all’azione tonico posturale proprio di queste fibre.


- Bianche di Tipo II (FT):

che hanno un volume maggiore e sono utili per la forza e la potenza;

queste a loro volta possono essere FTa o FTb , ambedue rapide, che però si differenziano per la prevalenza del meccanismo energetico impiegato per alimentare la loro contrazione.


[Approfondimento-> la FTa "Rosa" si definisce anche "intermedia" prevalentemente ossidativa, anche se a cavallo tra aerobico e anaerobico, la FTb "Bianca" è prevalentemente glicolitica anaerobica.

Le fibre Intermedie hanno un potenziale che le consente di specializzarsi e spostarsi verso il "Tipo I" o il "Tipo II" a seconda dell’allenamento cui vengono sottoposte]


Con un carico di circa l’85% dell’1RM (il massimo carico che è possibile spostare per una e una sola ripetizione) si reclutano principalmente le Fibre FTb, tra il 50% e il 70% prevalentemente le FTa, sotto il 50% le ST (Costil 1980)


Secondo i ricercatori Bosco e Viru il carico ottimale per l’Ipetrofia e compreso tra il 70% e l’80%, quindi 8/12 ripetizioni per serie allenante.


Anche la potenza di esecuzione deve essere compresa in questo range percentuale


[Approfondimento ->in modo che vi sia una diminuzione dei fosfati e la formazione di poliribosomi che inducono la sintesi proteica adattiva specifica alla base dei meccanismi ipertrofici]


Secondo Kraemer (1990) un recupero veloce (60/90 sec.) favorirebbe la stimolazione del GH (ormone della crescita), sempre Kraemer specifica (1992) che esisterebbe una relazione diretta tra la produzione di acido lattico e l’aumento del GH in acuto.

Mentre per Bosco (1995) recuperi maggiori nell’ordine dei 3’ favorirebbero la secrezione del Testosterone.


Kraemer aggiunge che dopo 30’ di allenamento si avrebbe un calo del Testosterone, legato all’innalzamento del Cortisolo. Dopo 45’ si osserverebbe il livello più alto di GH. Sopra i 60’ crescerebbero i valori di Cortisolo, Adrenalina e Noradrenalina e calerebbero Testosterone e GH.


Da qui deduciamo che l’allenamento intenso non dovrebbe superare i 45’ per avere un’ottimale risposta ipetrofica.


Tirando le somme, un allenamento massimizzato per l’ipertrofia muscolare dovrebbe tenere conto di questo piccolo decalogo:


1) Circa 20 serie allenanti a settimana per gruppo muscolare (più o meno secondo il livello)


2) Suddivise in due sessioni separate a settimana (la multifrequenza sembra ormai la via migliore se lo scopo è l’ipertrofia)


3) Le serie dovrebbero essere composte da 8/12 ripetizioni (inserire esercizi da 8 ripetizioni e altri da 12 all’interno della stessa seduta allenante)


4) Recuperi intorno ai 3’ per le serie più pesanti da 8 ripetizioni per stimolare la produzione di Testosterone


5) Recuperi di 60’’ per le serie più leggere da 12 ripetizioni per un lavoro più metabolico che stimoli il GH


6) Non andare a cedimento, ma nemmeno risparmiarsi, quando si fa una serie da 8 ripetizioni, impostare un carico con cui non sia possibile svolgerne 9


7) Curare maniacalmente la tecnica in maniera che il carico sia contrastato dal muscolo target, l’isolamento di un singolo muscolo non è realmente perseguibile, ma l’ipertrofia richiede la ricerca dell’isolamento muscolare


8) L’esecuzione dovrebbe essere sempre controllata


9) La sessione di allenamento deve essere intensa, non si esce freschi dalla sala pesi e nemmeno distrutti, si deve uscire allenati, ovvero stanchi il giusto. L’intensità ci deve essere, va ricercata e distingue una serie allenante da una inutile, buona solo per stancarci.


10) Gli altri fattori, nutrizionali, personali (recupero, stress, sonno, ecc), che ci fanno dire che l’Ipertrofia muscolare è un adattamento multifattoriale, devono essere ottimizati per favorire la crescita muscolare.

…a chi non è mai capitato in palestra di sentirsi consigliare di stare seduti mentre si allena con i pesi?


Ecco, diciamo subito che non è un buon consiglio!


La prima cosa che verrebbe in mente è che stiamo già abbastanza seduti a casa e al lavoro e non stare in piedi nemmeno quando ci alleniamo sarebbe demenziale, ma non è questo il punto.


La Colonna Vertebrale è capace di sopportare grandi carichi in compressione (meno efficientemente quelle di torsione) a patto che le proprie curve fisiologiche siano preservate.


Le Curve Fisiologiche rilevanti della Colonna Vertebrale sono: Lordosi Cervicale, Cifosi Dorsale e Lordosi Lombare, quindi 3 è il numero da tenere a mente (al netto della Cifosi Sacrale)


Esiste una formula per calcolare la Resistenza della nostra Colonna Vertebrale che è la rappresentazione matematica della “Legge di Kapandjì”, secondo cui la perdita di una sola delle curve fisiologiche, riduce de 50% la Resistenza della Colonna Vertebrale.


La Resistenza [R] è uguale al numero delle curve [n] al quadrato + 1


- - -> R=n2 +1 <- - -


Per questo in stazione eretta con le 3 curve preservate:

R=(3x3)+1 -> Quindi la resistenza della colonna è 10.


In posizione seduta le curve mantenute saranno 2 con:

R=(2x2)+1 -> In questo caso la resistenza è pari a 5, ovvero la metà di quando eravamo in piedi.


E quindi? …quindi Lento Avanti, Military Press, e tutto il resto sarebbe molto meglio farli standocene in stazione eretta, insomma, stiamo in piedi che è meglio!

Quando ci alleniamo, che sia per il nostro sport o per il fitness, per dimagrire, stare in forma o per mettere su un po’ di muscolo, stiamo sottoponendo il nostro organismo a un insieme di stimoli esterni che hanno lo scopo di indurre nel nostro corpo dei cambiamenti morfologici o funzionali (o tutti e due).


La condizione per cui questo avvenga è di sicuro che l’allenamento, sia “organizzato”, ma affinché l’organismo attivi quei fenomeni biologici e biochimici che servono per adattarsi a questi stimoli e “diventare migliore” è necessario il giusto tempo di RECUPERO.


La rigenerazione e ricostruzione del corpo a un livello superiore va sotto il nome di “Supercompensazione” e avviene quando:


- Intercorre il giusto tempo di recupero tra le sedute


- L’alimentazione è sufficiente ed equilibrata


- È garantito un riposo notturno adeguato e qualitativo

(il sonno è importantissimo anche per tutti coloro che abbiano da "buttare giù" qualche chiletto di troppo)


- Le attività extra-allenamento non pregiudicano il Recupero, quindi non stressino i distretti muscolari che stanno recuperando o addirittura l’intero sistema


- Lo stress psicologico è ridotto al minimo, quindi stare calmi per non mettere in campo gli ormoni “dello stress”, che contrastano i fenomeni di costruzione muscolare


Se ci alleniamo senza tregua, l’organismo impiegherà tutte le energie per far fronte a tutti questi stimoli e non avrà più energia per “costruire” gli adattamenti.


Premesso che ogni fenomeno biologico del nostro corpo sia da considerarsi (almeno in parte) individuale e suscettibile di variazioni determinate da molti fattori specifici, per avere un’idea del tempo che impiega l’organismo a recuperare possiamo considerare i valori che seguono.


- Ripristino dell’ATP: 3/5 Minuti

- Ripristino del Glicogeno Muscolare per attività di lunga durata: 10/48 ore

- Ripristino del Glicogeno Muscolare in attività Intermittenti: 24 ore

- Rimozione dell’Acido Lattico dai muscoli e sangue: 1/2 ore

- Ripristino Vitamine ed Enzimi: 24 ore

- Recupero metabolico e nervoso: 2/3 giorni

- Ripristino delle Proteine contrattili: circa 2/5 giorni secondo l’intensità dell’allenamento


Oltre all’attenzione al tempo tra le sedute allenanti, il Recupero deve essere messo al centro di una buona periodizzazione dell’allenamento, modulando l’intensità delle varie sedute e pianificando una settimana di scarico al momento giusto.


Insomma alleniamoci senza risparmiarci, diamo tutto e mettiamo sotto stress il nostro organismo, ma poi recuperiamo altrimenti i risultati non arriveranno o non arriveranno al meglio. Consentiamo al nostro corpo di lavorare sulla propria ricostruzione a un livello superiore.

Il Massimale è quel carico che può essere spostato una e una sola volta ed è definito come 1RM (Repetition maximum).


Risulta cruciale nell’allenamento con i sovraccarichi la definizione del carico massimale, conosciuto il quale sarà possibile redigere una programmazione di allenamento sensata e coerente con le caratteristiche dell’atleta (o del praticante) e osservarne i progressi, basata appunto sulle percentuali di 1RM, lavorando quindi all’80/90% in mesocicli di forza, fino al 20/50% degli allenamenti di resistenza.

Ci consente inoltre di modulare i micro cicli o le singole sedute di allenamento per la gestione corretta dei recuperi.


Il carico massimale è specifico per ogni esercizio ed è solitamente ricercato per i grandi esercizi multiarticolari, come Squat, Panca e Stacco (ma anche Military Press e Rematore), movimenti di grande sinergia, che, coinvolgendo diversi gruppi muscolari contemporaneamente, ci restituiscono con buona approssimazione il nostro stato di allenamento generale e i nostri progressi.


Per i soggetti neofiti è fortemente sconsigliato un Test Diretto del massimale e ci si può riferire per una stima ai numerosi calcolatori on-line o tabelle presenti in rete.


Altrimenti – per gli appassionati della matematica – si possono applicare alcune formule, che sono le stesse sottostanti a quei calcolatori.


Certo un po’ di sforzo andrà comunque fatto, ovvero: prendiamo un peso con il quale percepiamo sforzo, ma non ci metta fin da subito in difficoltà, ed effettuiamo il numero massimo di ripetizioni che riusciamo a svolgere con una tecnica pulita e senza compensi.


Questo è il nostro peso di riferimento, al quale applicare per esempio l’Equazione di Brzyski, secondo la quale:


1RM=carico sollevato/[1,0278-(0,0278xRipetizioni svolte)]


che nel nostro caso esempio ci darebbe un massimale teorico pari a 66,7Kg.


Risultato forse prudente, ma ottima base di partenza per lavorare senza esporre un neofita ad un test diretto del massimale, che potrebbe presentare rischi di infortunio su soggetti la cui tecnica sia ancora imperfetta.


Nel test diretto iniziamo prendendo un carico del 60% del massimale teorico (stimato, o dell’ultimo rilevato direttamente) e svolgiamo le ripetizioni che sia possibile eseguire correttamente. Recuperiamo per 5/8’, quindi un recupero completo.


Procediamo con incrementi dell’ordine del 10/20%, seguiti da recuperi completi.


Quando arriviamo alle 2/3 ripetizioni, proseguiamo con incrementi del 5% fino alla ripetizione singola tecnicamente pulita.


Prima della singola pulita ci sarà un incremento di carico che non consentirà la chiusura dell’alzata e che andremo a scalare, cercando con i micro carichi l’1RM.


La stima del massimale per i neofiti o il test diretto degli avanzati si può svolgere successivamente alla fase di Adattamento Anatomico ad inizio stagione e successivamente al termine dei diversi mesocicli (Ipertofia, Forza Massimale, Conversione in Potenza, ecc) per valutare i progressi nelle singole alzate e indirizzare di conseguenza il lavoro futuro.


Insomma, stimiamo o proviamo il nostro massimale per allenarci con consapevolezza e non a caso. Avere un piano è fondamentale e per metterlo giù bisogna avere tutti gli elementi.

Abbiamo tutti in tasca, più spesso in mano, uno smartphone. Oggi è una vera e propria centrale di raccolta delle informazioni che riguardano la nostra vita su tantissimi punti di vista. La condizione di fitness (o di salute) è una di queste.


Nemmeno dobbiamo fare lo sforzo di scaricarci un’applicazione specifica, perché il nostro telefonino anche “senza optional” è in grado di dirci quanto abbiamo camminato.


Questo ha diffuso la consapevolezza che per stare bene bisogna camminare di più (ma onestamente lo sapevamo anche prima dei telefonini) e ha soprattutto attribuito un valore numerico misurabile a questo “camminare di più”, ovvero Diecimila Passi.

Nel libro “Maxima Performa” di Gian Mario Migliaccio, uscito proprio in questi giorni, c’è un capitolo che ricorda da dove provenga questo numero: 10.000 passi.


Una ricerca degli anni ’60 condotta in Giappone da Yoshiro Hatano, in occasione delle Olimpiadi del 1964, osservò il comportamento della popolazione, scoprendo che mediamente compiva tra i 5.000 e i 35.000 passi al giorno e indirizzò la ricerca per comprendere la correlazione tra questo dato e lo stato di salute; il risultato fu che effettivamente chi camminava di più stava meglio, più magro e più sano.


Una rassegna dei primi anni duemila definiva i livelli di attività fisica in base ai passi giornalieri, ponendo la Sedentarietà sotto i 5.000, la Bassa Attività fino a 7.499, la Leggera Attività fino ai 9.999, la Persona Attiva fino ai 12.499 e l’Alta Attività oltre i 12.500.


In epoca recente la ricerca ha determinato che 10.000 passi al giorno per minimo 12 settimane incidono in maniera sensibile sulla condizione psicofisica, specie in soggetti sedentari e sovrappeso.


[da “Maxima Performa” di Gian Mario Migliaccio per Mondadori – Settembre 2019]

Il Kettlebell è stato usato fin dall’antichità nelle prove di forza olimpiche nella Grecia classica.


Ha assunto prima la forma di una giara da riempire di acqua o sabbia, successivamente quella di un blocco di pietra, poi un contrappeso usato nel Medioevo da commercianti per le misurazioni commerciali e le negoziazioni che lo usavano poi, dopo il lavoro, in gare di resistenza fra di loro, sollevandolo sopra la testa.


Fu popolare in Russia col nome di “Ghiria” (dal Persiano “Gera”, “Peso”). Le esibizioni con la Ghiria erano frequenti nelle feste popolari e nel circo russo, ma essa non aveva acora la forma sferica attuale, che assunse solo nel 1797.

Lo Zar Alessandro III, aveva portato alla fama un ucraino di nome Sedyh che era capace di sollevare ben 3 ghirie da 32kg con una sola mano Lo stesso Zar iniziò ad allenarsi con la ghiria e la forza da lui sviluppata era divenuta così leggendaria da favorire la diffusione in tutto il paese dell’uso della ghiria.


La ghiria non perse in popolarità nemmeno dopo la Rivoluzione d'ottobre, anzi questa divenne parte integrante dell’allenamento dei Marinai Sovietici.


Nel 1885 il medico di San Pietroburgo Krajewski introdusse la ghiria nella scuola medico-sportiva.

È però il 1948 la data della prima gara ufficiale di sollevamento di ghirie, che fu vinta dal marinaio Protopopov, che fu capace di sollevarla sopra la testa per 1002 volte.

Da questo momento in poi si aprì la strada per un uso sportivo delle ghirie.


Kettlebell e Ghirie sono solo apparentemente simili, la ghiria infatti mantiene invariate le dimensioni al variare del peso, i kettebell diventano più grandi man mano che aumenta il peso, ingrossando anche il diametro della maniglia.


(Testo ispirato da "Il Kettlebell: La pesistica del popolo, la forza per tutti" di Emanuele Conti per Calzetti-Mariucci Editore Set.'14)

Che sia per il Fitness o per prepararci per il nostro sport, l’allenamento dovrebbe sviluppare nella maniera più ampia possibile le qualità del corpo dal punto di vista muscolare, coordinativo e articolare.


In questo senso uscire dal recinto della palestra, per sperimentare diverse metodiche di allenamento, vuol dire sfidare il nostro corpo con movimenti e tecniche diverse, che possono offrirci stimoli neuromuscolari ai quali non siamo abituati e che potranno risultare notevolmente allenanti.


In questo quadro possiamo contestualizzare gli ELASTICI, le cui caratteristiche ne rendono l’uso molto interessante non solo in chiave riabilitativa ma anche di allenamento.


Essendo facili da trasportare ed economici, a loro favore giocano certamente alcuni fattori di tipo “pratico”, che li possono rendere anche un valido alleato quando non abbiamo la possibilità di andare in palestra.


Possono poi essere utilizzati con buona tranquillità anche dai neofiti, vista la loro generale sicurezza, anche qualora si stessero riproducendo movimenti complessi tipici dell’allenamento con i sovraccarichi e con una tecnica non proprio impeccabile; il risultato che si produce in questo caso infatti è più spesso un blando o nullo effetto allenante, piuttosto che il rischio di infortunio tipico dei pesi liberi maneggiati senza la dovuta perizia.


L’allenamento con gli elastici si può definire “contro resistenza”, tuttavia non trova applicazione nel lavoro finalizzato alla forza massimale, all’ipertrofia muscolare o alla potenza nella quale entra in gioco la variabile “velocità” nello spostamento del carico, inapplicabile in questo caso.


Nonostante ciò la particolare variazione dell'intensità di carico durante l’arco del movimento offre uno stimolo molto diverso di quello del peso libero.


Nell’allenamento con i pesi solitamente il massimo sforzo si riscontra nella fase centrale del ROM (Range of Motion). Per il resto, la fase di partenza è intensa e quella finale in massimo accorciamento più leggera.


Con gli elastici abbiamo invece una resistenza praticamente nulla in partenza e via via più pesante fino ad avere il massimo carico proprio alla fine dell’intero arco del movimento, quando l’elastico si trova in massima estensione.


Nello sviluppo della massima tensione dell’elastico, si può riscontrare che la forza resistente offerta da questo strumento si applica secondo vettori spesso diversi dalle traiettorie di allungamento dell’arto oggetto dell’esercizio; questa caratteristica comporta la necessità di compensare dinamicamente durante lo svolgimento dell’esercizio al fine di conservare la giusta postura e la condizione di equilibrio.


Gli elastici possono essere un ottimo strumento per tutti quelli che vogliano iniziare un programma di allenamento in casa.


Possono essere impiegati nelle fasi di riscaldamento prima di "sessioni pesanti", specie per il rinforzo dell’articolazione della spalla.

Possono infine essere impiegati per lavori “tecnici” volti al superamento di punti deboli negli esercizi con i pesi, come per esempio, nelle distensioni con bilanciere su panca piana, l’applicazione degli elastici viene in aiuto agli atleti che abbiano difficoltà nella chiusura dell’alzata, rendendo l’esercizio più difficile proprio nella fase finale.


Insomma, come detto per i kettlebell e la ghiria, teniamo dentro alle nostre routine di allenamento tutti gli strumenti disponibili, che possono rendere la preparazione più divertente e sfidare il nostro corpo con stimoli e richieste coordinative sempre diverse.

LISS – Low Intesity Steady State

Allenamento a bassa intesità a ritmo costante


Lo so, non è una buona notizia…ma, se da una parte è vero che l’Allenamento Cardiovascolare a Bassa Intensità utilizza come substrato energetico principalmente i grassi, dall’altra parte un allenamento a bassa intensità non è in grado di generare un dispendio energetico tale da favorire un dimagrimento apprezzabile.


Il punto da ricordare è come concentrarci sul substrato energetico principalmente utilizzato in una data attività, ci porti in realtà fuori strada.


Se il nostro obiettivo è il DIMAGRIMENTO, il fattore rilevante è il dispendio energetico e il cardio LISS può essere integrato al fine di incrementare la spesa calorica settimanale, a patto che parallelamente si svolgano attività volte alla salvaguardia dei nostri muscoli.


Va chiarito infatti come sessioni di cardio a bassa intensità e di lunga durata risultino sfavorevoli per la massa magra, che potrebbe risultarne intaccata, col risultato di determinare un calo di peso, ma contemporaneamente un peggioramento della composizione corporea.

In tal senso sono da preferire attività ad alta intensità che inducono un dispendio maggiore, notevoli adattamenti cardio-respiratori (specifici secondo i protocolli utilizzati) e risultano protettivi verso la massa muscolare.


La via del dimagrimento quindi dovrebbe spostarsi dal falso mito dello sfinirsi di cardio su di un tapis-roulant al lavoro sull’incremento della massa magra a discapito di quella grassa.


Un regime alimentare studiato sugli obiettivi individuali da un professionista induce un dimagrimento che l’allenamento muscolare è capace di indirizzare verso il grasso in eccesso, salvaguardando il patrimonio “magro”.


Tuttavia proviamo a stimare, utilizzando le “Formule di Arcelli”, il dispendio energetico in termini di Kcal e di “consumo di lipidi”, per due soggetti tipo, che consideriamo mediamente allenati, un uomo di 80 Kg e una donna di 60, che svolgano rispettivamente un allenamento di running di 5 Km e una camminata veloce sempre di 5 Km).


- RUNNING

(una mezz’oretta di corsa)


Uomo -> (80Kg x 5 Km)/20 = 20 gr di lipidi consumati

Donna -> (60Kg x 5 Km)/20 = 15 gr di lipidi consumati


Uomo -> 80Kg x 5 Km x 0,9 = 360 Kcal

Donna -> 60Kg x 5 Km x 0,9 = 270 Kcal


- WALKING

(un’oretta di camminata di buon passo)


Uomo -> (80Kg x 5 Km)/35 = 11,4 gr di lipidi consumati

Donna -> (60Kg x 5 Km)/35 = 8,6 gr di lipidi consumati


Uomo -> 80Kg x 5 Km x 0,5 = 200 Kcal

Donna -> 60Kg x 5 Km x 0,5 = 150 Kcal


Ovviamente si tratta di un modello utile per una “stima”, che ci può dare un’idea del ordine di grandezza e dei valori generali.

Volendo estremizzare (magari forzando un po'), possiamo dire che la nostra donna che voglia arrivare a 50Kg e perderne, diciamo 8 di grasso, puntando solo sulla camminata veloce, qualora camminasse ogni giorno per un'ora (ma proprio sempre, anche durante le feste o sotto un acquazzone), impiegherebbe due anni e mezzo, in un regime alimentare normocalorico.


Entrano poi in gioco anche altre variabili, come il progressivo incremento dell’Economicità del Gesto Atletico, che rende l’attività sempre meno dispendiosa man mano che ci alleniamo.

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